sabato 26 aprile 2014

Ville Radieuse

Nel 1935 Le Corbusier teorizzò la cosiddetta Ville Radieuse (Città Radiosa): una utopica città in cui il razionale si fonde con il funzionale per costruire un complesso architettonico disegnato attorno all'uomo e alle sue necessità.
E' con questa visione che negli anni 60 e 70, complice il Governo Italiano, iniziano ad essere presentati e, quel che è peggio, approvati, dei scellerati piani di costruzione di macroedilizia da destinare alle ATER nazionali.
Sorgono così i cosiddetti "ecomostri" come le Vele di Napoli e, a Trieste, il complesso di Rozzol Melara. Il paesaggio ne viene violentato nel senso letterale del termine. Il biglietto da visita di Trieste non è più il mare che si apre alla vista dei forestieri che percorrono l'autostrada A4 fino alla città di confine, ma il cosiddetto "Quadrilatero" di Melara.
Percorrendone i lunghi e labirintici "corridoi sociali", lo sguardo viene catturato dalle geometrie architettoniche e dai murales che coprono (o vogliono coprire) il freddo e grigio calcestruzzo a vista, come a voler concedere un'anima a ciò che anima non può e non vuole avere.
Ciò che colpisce è la totale assenza di persone. Si sentono delle voci in lontananza di anziani che discutono animatamente in non si sa quale corridoio, ma la vista ne è confusa, quasi ad essere soggetta ad una sinestesia acustica: qui non c'è nessuno eppure la presenza umana è documentata.
Quelle 468 caselle geometriche che chiamano "appartamenti" sono tutte abitate e se ne percepiscono i segni (spazzatura, un materasso abbandonato in un corridoio, insegne di negozi puliti ma sbarrati da inferriate).
Nei meandri scuri o semi illuminati dai neon rotti, si passano porte e porte... troppe porte. Troppi loculi isolati che potrebbero diventare facilmente rifugi per tossici e delinquenti in fuga dalla vicina Polizia di Rozzol Melara.
Ma qui (per fortuna), il senso di aggregazione della comunità ha avuto la meglio, trasformando un Nonluogo fatiscente e per niente "radieuse" in una comunità viva che lotta quotidianamente per cercare di fornire un minimo di decoro e di vivibilità alle proprie esistenze inserite in un complesso che sembra creato apposta per opprimere anche l'ultimo barlume di felicità e spensieratezza.















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