martedì 29 aprile 2014

Productronica München 2013

Productronica è la biennale fiera dell'innovazione in ambito produttivo per il settore elettronico. E' la più grande fiera europea (anzi, mondiale) del settore e nel 2013 eravamo presenti anche noi: io, Fornace, Fuffo, il Cervo e Millllllo in veste di visitatori per stabilire contatti con i fornitori e con... bla bla bla... Sì, ok... ma non so se si è capito bene: la fiera è a MONACO (di Baviera), che in ogni dizionario che si rispetti è sinonimo di birra, divertimento, cultura e quindi tre giorni spesati a.....ah si...c'è anche la fiera.

Ma per sedare sul nascere le malelingue che ci rinfacceranno continuamente questa "gita" (come la chiamano loro) c'è da dire che le nostre belle dieci ore di scarpinata per gli stand della fiera in cerca di informazioni dai fornitori ce li siamo fatti in tutti e quattro i giorni (o erano tre? Da quella famosa serata in locale Irlandese a gare di Whisky ho i ricordi annebbiati).

Ma non son tutte rose e fiori. Bisogna stare molto attenti in queste fiere.
Sì, perché a camminare troppo vicini agli stand, o soffermandosi più del dovuto in prossimità degli stessi è facilissimo essere accalappiati dai famelici agenti commerciali, torturati con acuminatissimi biglietti da visita o soggetti ad un waterboarding di domande come se tu girassi con le tasche piene dei milioni di euro che fattura l'azienda dove tu sei un semplice schiavodipendente.
Ed è così che rischi di entrare in un Cul-De-Sac dal quale è molto difficile uscire.
Leggende metropolitane narrano di ingenui astanti che, soffermatisi troppo impavidamente ad allacciarsi i lacci delle scarpe sul limitare di uno stand di robotica, sono stati rapiti, sezionati e cerebralmente impiantati in esoscheletri di titanio a scopo puramente dimostrativo Sono poi stati visti montare contatti a molla in una linea produttiva di una fabbrica maremmana.

Certo, ci sono delle tattiche apposite maturate e scolpite dagli anni d'esperienza, per sopravvivere ad un infausto incontro con un agente di commercio, come invocare un'importantissima chiamata al telefono (essere un bravo ventriloquo, in questi casi, aiuta), simulare un malore, indicare altrove e gridare "Excuse me, mister George Clooney?", spacciarsi per sordomuti, rispondere "mi scusi, ho lasciato i biglietti da visita nelle altre mutande, torno subito" o, quella che preferisco, iniziare a rispondere alle domande in Klingon.

Devo dire però che a volte preferisco lasciarli parlare (tanto non li capisco perché parlano in inglese) perché è vagamente inebriante detenere il momentaneo potere decisionale di vita o di morte di un accordo commerciale: "No grazie, il tramezzino che mi avete offerto è leggermente secco ai bordi: la vostra Pick&Place da 500mila euro non la compriamo... andiamo piuttosto da quegli altri che c'hanno le hostess con le tette grosse e le tartine al salmone".
Perché è risaputo: le sorti e il destino della pace mondiale sono SEMPRE state in mano a uomini che hanno preferito donne con le tette più grosse ai tramezzini con i bordi secchi.

Ma procediamo con ordine.

Siamo arrivati all'aeroporto di Monaco in mattinata e ci siamo subito messi alla ricerca di un taxi. Un tassista con cicatrice in testa da orecchio a orecchio (forse il segno di un pregresso trapianto di cervello o di una dimostrazione fieristica di uno stand di robotica) si offre di portarci alla fiera. Carichiamo i bagagli e veniamo subito schiacciati sui sedili dalla guida "come-se-non-ci-fosse-un-domani" del nostro autista. Sui posti di dietro sento i miei tre colleghi abbracciati iniziare ad intonare delle preghiere e dei canti di redenzione alla vista del tristo mietitore quando il guidatore azzarda un sorpasso da rigor mortis sfinterico. Il Fornace giurerà poi di averlo udito sussurrare: "Aber ja, was kümmert es mich? Also ich habe einen Tumor!" (trad: "ma si... che cazzo mi frega? Tanto ho un tumore!).

Arrivati in fiera stranamente interi, scendiamo e scarichiamo i bagagli. Alcuni baciano l'asfalto.
La fiera è enorme. Bastano a malapena tre giorni per girarla tutta. O meglio: se ti fai accalappiare dai sopracitati commerciali è IMPOSSIBILE girarla tutta. Quest'anno, purtroppo, la Sacra Triade dell'Ingegneria Industriale (Nuffo, il Cervo, Fornace) dovevano incontrare numerosi fornitori e il buon Fornace aveva riempito l'agenda con appuntamenti ben fitti, un pò per dare una parvenza seria alla nostra visita e un pò come tattica diversiva per poter sfuggire alle grinfie dei mercanti più perniciosi: ore 9:00 pedicure e manicure nello stand OSAI, ore 10:00 massaggio Shiatzu nello stand della Suzuki che c'hanno le giapponesi esperte, ore 11.00 aperitivo nello stand Siemens per saggiare il terreno e valutare un'eventuale sforata d'orario nell'ora di pranzo a base di crauti e salsicce. Quest'anno c'è andata male: solo panini e birre da zerotrè.
Pomeriggio dedicato alle pubbliche relazioni, a scelta tra Cicciopasticcio Automation e TecnoBobbolo SPA (a seconda di chi propone le famose tette più grosse).
Nel tardo pomeriggio, la Triade incontra lo sfarzoso stand giapponese della Fuji. Entrati in un ciclo infinito di inchini vengono sequestrati per tre ore abbondanti da quattro loschi giapponesi dalla schiena tatuata per illustrare le caratteristiche delle loro macchine. Verso la fine, vengono rinchiusi in uno stanzino privè per ultimare la riunione a porte chiuse.
Io, per fortuna o per sfortuna, avevo un paio di fornitori soltanto più il compito di "spionaggio" dei sistemi di test di collaudo del momento per saggiare le novità.
Milllllo si è aggregato per sfinimento e perché mi serviva un portaborse per la macchina fotografica (no, Milllllo, tranquillllllo. Scherzo, non è vero... ). Quale migliore occasione per impugnare la macchina fotografica e scattare un pò di street-photography "in interni" nell'attesa?

Giriamo un paio di stand alla ricerca dello "scatto perfetto" per poi tornare allo stand Fuji. I nostri colleghi escono in quel preciso momento. Noto con curiosità che Nuffo ha i pantaloni a rovescio, e noto con altrettanta bizzarria che pure i pantaloni di uno dei tre giapponesi (quello più grosso) sono a rovescio.
Incontro lo sguardo solcato di lacrime asciutte del Cervo: "ma che è successo?" - "NIENTE... non è successo niente.... niente... proprio niente, niente di niente" - "Quindi? Niente macchine Fuji?" - "No. Prenderemo le Siemens. Questo è tutto, non chiedermi altro!".
E così feci.














Alla sera, alcuni ben cotti e altri zoppicanti (ma tutti con le unghie dei piedi ben curate e con la schiena tonificata) ci riversiamo nella metropolitana seguendo la corrente dei salmoni per raggiungere il centro a MarienPlatz in cerca di un posto tipico dove mangiare.

(to be continued....)




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