Anna Valentini, da tutti chiamata Anita, è stata figlia e
nipote dei genitori Donato e Alma e dei nonni Domenico e Anna. Poi a sua volta è
stata anche lei madre e infine nonna: la mia.
Ma si possono riassumere 87 anni di vita in poche righe di
testo o in poche foto?
“A scuola el maestro
me diseva sempre che iero brava perché conosevo tutte le parole della
Marsigliese”. Nonna Anita ha studiato alla scuola media di Parigi durante
la Seconda Guerra e, immancabilmente iniziava ad intonare l’inno francese ogni
qualvolta l’andavamo a trovare alla casa di cura. Forse era proprio alla
ricerca di quel motivetto, girando le stazioni della piccola radiolina nelle
lunghe giornate passate a letto.
Nonna Anita era golosa. Credo di non averla mai vista a
tavola a consumare un pasto normale ma l’immancabile cioccolatino in mano,
quello me lo ricordo. Per quei dolciumi ha sempre lottato con il suo peso:
reminiscenze del passato: “Nonno lo go
sposado perché un giorno el me ga offerto un gelato… eh, iera fame a quei tempi”.
Ma ciò non le impediva di essere sempre molto attiva. Amava
prendere la “corriera” e passeggiare in città. Nonna Anita si è sempre sentita “cittadina”
e credo abbia sofferto il trasferimento in periferia quando sposò nonno
Silvano. Due caratteri molto diversi: lui comunista convinto, proveniente da
generazioni di contadini nel capodistriano. Lei di orientamento politico
opposto, di origini pugliesi da parte di padre e triestine D.O.C. da parte di
madre. Anzi: di origine Sangiacomina! (ma pur sempre Italiane, come ribadiva
spesso) con una propensione per la vita di città.
Nonostante i due caratteri non potessero essere più diversi,
il loro matrimonio è durato più di cinquant’anni, fino alla morte di lui, il 14
gennaio 2008.
Da allora, nonna Anita ha dovuto lottare sempre più con gli
acciacchi e i reumi, forse derivati dalle amate passeggiate cittadine
quotidiane. Chissà. Finché non è arrivato il ricovero in casa di cura. Il costo
della cosiddette “case di riposo” fa tutt’ora pensare che il diritto al vero
riposo sia esclusiva solo di pochi anziani (e figli) benestanti. Diritto che
ovviamente nonna Anita non aveva. Almeno in Italia.
Nella vicina Slovenia il prezzo è decisamente più basso ed è
così che dalle passeggiate cittadine italiane, Anna Valentini si è ritrovata,
suo malgrado, in una casa di cura proprio dove lei odiava tanto (ma suo marito
invece amava…che bizzarria): nella campagna slovena.
Negli ultimi tempi, per consolarla, le portavamo i tanto
amati cioccolatini e i panini di mortadella perché “qua i xe cattivi, non i me da de magnar”. Ovviamente ciò non era
vero.
“Parlè col sindaco…
lui xe comunista come mio marì. Lo conoseva. Volerà pur dir qualcosa? Diseghe
che el me riporti in Italia” – “Si,
nonna. Ghe diremo. Funziona la radio?”.
In un pomeriggio nebbioso del 28 aprile 2015, sotto i nostri
occhi, sulle note della tanto amata Marsigliese lei ha intrapreso proprio la
strada per tornare in Italia. Passando per il cielo.