La mia chiave di lettura (ma è personale, ognuno trova la sua) è quella di vedere i manichini come degli uomini vivi (ma di plastica) la cui realtà è parallela alla nostra e separata dalla vetrina che ci interpone a loro.
Sono loro che guardano noi e non il contrario.
Le foto di forme antropomorfe attingono al nostro subconscio per similitudine con il corpo umano. Il cervello, per un istante entra in "crisi", riconoscendo la forma come quella di un essere umano ma, non riuscendo a distinguerne gli elementi fondamentali (occhi, bocca) per una decodifica espressiva.
E' così possibile ottenere l'associazione manichino-uomo e la proprietà principe della fotografia, che è quella di fissare l'attimo, contribuisce a questo "sconvolgimento" mentale instillando il dubbio che lo scatto abbia potuto fermare un'azione in corso di compimento (una carezza, un bacio, dei manichini che girano il collo osservando la gente che passa).
Ci sono riuscito?
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