domenica 29 giugno 2014

Serata di onde e fulmini ai Topolini












sabato 28 giugno 2014

Portfolio Risiera di San Sabba (v2.0)

Memore dei suggerimenti ricevuti dall'ottimo Mosè Franchi, vado a riproporre il portfolio sulla Risiera di San Sabba in versione riveduta e corretta.

Ricordo brevemente cos'è la Risiera di San Sabba: è stato un lager nazista utilizzato per la detenzione, lo smistamento e l'eliminazione di detenuti in prevalenza politici, slavi ed ebrei.
Chiamata così perché, un tempo, l'edificio era adibito alla pilatura del riso e ciò è ricordato dalla strada vicina che ne prende il toponimo (Ratto della Pileria).
Supervisore della Risiera fu l'ufficiale Odilo Globocnik, noto col nome di "boia di Lublino", triestino di nascita e responsabile dei campi di sterminio tedeschi nonchè freddo "ottimizzatore" del metodo di sterminio perpetrato dai nazisti nei campi di concentramento europei.
I tedeschi abbandonarono la Risiera nell'aprile del 1945 ma non prima di aver fatto saltare con dell'esplosivo la ciminiera e il forno crematorio, sul cui posto, ora, sorge una struttura commemorativa.
Dal 1965, la Risiera è dichiarata Monumento Nazionale quale "unico esemplare di lager nazista in Italia".
























giovedì 26 giugno 2014

Storia di una fotografia


Se dicessi che questa foto l'ho scattata io forse qualcuno solleverebbe dei dubbi a riguardo, ma non sarebbe niente di impossibile. Invece se vi rivelassi che le persone ritratte sono mio padre (al centro), mio bisnonno (a destra) e suo fratello e che siamo circa alla fine degli anni 60? Mi credereste ancora?
Bando agli enigmi: questa è una foto ad una foto che scattai nel 2012, con la mia vecchia Canon 350D.

Era novembre 2012 quando giunsi nel paesino sloveno di Lopar con mio padre. Eravamo alla ricerca di informazioni... e di persone, perché avevo da poco iniziato ad appassionarmi alla genealogia della mia famiglia, tanto da riuscire, con notevole fatica e soddisfazione personale, a risalire di ben sei generazioni nel ramo che porta il mio cognome e le fotografie hanno avuto un ruolo indispensabile nella ricerca, soprattutto quelle (poche) che riportavano i nomi e le date scritte a matita sul retro. Ma questa in particolar modo è una fotografia protagonista di un fatto piuttosto curioso (almeno per me).

Iniziai con una visita alla parrocchia di Bertocchi alla ricerca dei vecchi registri in latino scritti a mano per finire in un paesino sperduto tra i boschi e le campagne slovene della provincia di Capodistria.
Nella mia famiglia non c'è nessun generale, avvocato o ricco mercante, ma semplicemente generazioni e generazioni di contadini.
Lo si intuisce anche dalla foto qui sopra: la casa di pietra carsica sulla destra è probabilmente la casa di mio bisnonno dove è cresciuto assieme ai suoi dieci fratelli e sorelle. Il selciato di pietre vive non ha mai visto un pneumatico ma piuttosto gli zoccoli di un asinello. Tutto ciò non ricorda sicuramente la vita cittadina della Trieste asburgica, ma la vita povera e difficile della campagna Jugoslava.
Che sia stata una vita difficile lo testimoniano almeno le trascrizioni sui registri parrocchiali dei tre fratelli del bisnonno morti infanti, appena in tempo per ricevere la benedizione del battesimo.

Ma è capitato, come dicevo poch'anzi, che la ricerca dei fratelli di mio bisnonno Giovanni (nonno Giovanìn), ci abbiano portati al paesino di Lopar. Grazie ad una dritta ottenuta da uno degli ultimi anziani che vive ancora nel paesino limitrofo di Kocjancici (paese natale di nonno Giovanìn) e che incontrai per caso giorni prima, ci dirigemmo verso questo paese a noi sconosciuto.
Lopar è piccolissima e lo testimonia il fatto che la prima persona che abbiamo fermato per chiedere informazioni era proprio la persona che cercavamo!
"Ma tu sei Livio?" - ci disse la signora additando mio padre. "Sì, sono io". La signora si rivelò essere proprio colei che stavamo cercando: cioè la cugina di mio nonno.
Dopo baci e abbracci di circostanza ci invitò a casa sua e rovesciò sulla tavola una scatola piena di vecchie fotografie. Passammo almeno un'ora a scambiarci informazioni, commentare le foto, scavare nei ricordi della famiglia quando la signora, guardano mio padre negli occhi, disse: "Ma sai che, adesso che mi ci fai pensare, c'è una foto tua nell'agriturismo qui vicino?".
Trasalimmo.... una foto di mio padre? Agriturismo? Dovevamo andare a vedere.

Entrammo nel locale, aprendo con le chiavi perché era chiuso e nella penombra, appesa al muro c'era la foto che cercavamo: un pannello di un metro e rotti per un metro, appeso in bella vista sul muro di pietra del locale, e lì, in quella gigantografia stampata, c'era Zio Pepi, mio padre giovanissimo (quello con le orecchie più corte ;) ), nonno Giovanìn... e il mulo, cioè probabilmente il bene più prezioso dello Zio.

Mio bisnonno veste abiti molto eleganti in questa foto, probabilmente sfoggiati con orgoglio a testimoniare che lui, ormai, non era più un "contadino della Jugo", ma un "contadino di città". Anche mio padre vestiva insolitamente elegante in questo scatto. Un'avvenimento o una festa particolare?
I due fratelli si sorridono a vicenda. Forse non si vedevano da tanto tempo perché mio bisnonno lasciò il paesino di Kocjancici da giovane per cercare lavoro nella vicina Trieste, florida città-porto dell'Impero AustroUngarico. E lì, con la semplice paga di operaio, riuscì ad acquistare in contanti (altri tempi....decisamente) il terreno per edificare la casa nella quale tutt'ora vive mio padre e che, per più di vent'anni, è stata la mia personale oasi di libertà.

Lo zio invece preferì rimanere in paese, o forse vi ritornò in seguito dopo aver perso una gamba sotto le ruote del tram. Sì, perché Zio Pepi aveva la gamba di legno e il mulo lo agganciava al carretto per farsi trasportare dalla casa natale alla campagna e ritorno, ogni santo giorno.
Lo sguardo di mio padre è quasi canzonatorio, come se sorridesse a se stesso e a me, in attesa del nostro arrivo. Mio padre, in quel momento, guardava se stesso, come da una finestra nel passato e nonno e zio se la stavano ridendo: "hai visto, fratello? Te l'avevo detto che prima o poi ci avrebbero scovato".

mercoledì 25 giugno 2014

12° Portfolio...in corso

Anche quest'anno, come ogni anno, si è concluso con una mostra collettiva il corso Avanzato di Fotografia del Circolo Fotografico Fincantieri-Wartsila.
In nove (un pò pochi)  hanno presentato i loro portfolio di fine corso e sono stati chiamati (a sorpresa) a commentare i loro lavori al pubblico riunitosi in serata al Circolo, grazie alle domande incalzanti dello scafatissimo Fulvio Merlak che ormai, con lustri di esperienza in campo organizzativo alle spalle, si destreggia con enorme padronanza del palco per far intervenire i protagonisti. Taluni timidamente, altri per nulla intimoriti dal microfono, hanno illustrato le loro opere davanti alla "platea" dei soci, tra cui il sottoscritto, seduto in quarta fila.
Smartphone alla mano mi sono appropriato ad-honorem del ruolo di fotografo ufficiale per documentare la serata, perché sembra strano, ma tra i membri del circolo fotografico nessuno porta mai una macchina fotografica.
Memore del nervosismo di quando l'altr'anno fui chiamato io stesso a commentare il mio primo portfolio davanti al microfono (Ex Caserma Monte Cimone), osservavo con paterna solidarietà i protagonisti che via via si avvicendavano sullo sgabello.
Uno di questi è il mio collega Lorenzo Feurra (perché nella vita, si sarà capito, io non faccio il fotografo) che con la sua stazza di due metri e passa ha sollevato un fremito di terrore nella sala al suono dello scricchiolio della sedia quando si è seduto.
Gli altri partecipanti: Brunetta Claudio, Deiuri Gianluca (non presente), Ferro Giulia, il sopracitato Lorenzo Feurra, Gigliello Valentina, Guarnieri Gabriele, Reini Luciano, Scussat Giuliano e infine Zanconati Sveva.

Al termine della presentazione, la folla si è riversata come uno sciame di locuste sul tavolo del rinfresco, anch'esso opera dei partecipanti e tra un bicchiere di prosecco, una fetta di torta e un salatino, si è rotto un pò il ghiaccio tra "nuovi" e "vecchi". Chissà quanti di loro rivedremo il prossimo anno durante le riunioni del mercoledì?
Finisce così l'anno fotografico 2013-14 del Circolo Fincantieri-Wartsila. Saluti di commiato e auguri di buone ferie per chi lavora e di buone.... di buon... insomma....un arrivederci per chi è fortunatamente in pensione.
Termino questo breve post con l'invito, a chi vuole approfondire la propria passione per la fotografia, di iscriversi il prossimo anno al Corso Avanzato di Fotografia indetto dal circolo. E' un'occasione più unica che rara per accrescere soprattutto il proprio bagaglio culturale e approcciare la fotografia in un modo davvero inedito al mondo dei Forum, dei blog e dei media digitali in generale.

Bye










domenica 22 giugno 2014

Samyang 8mm f3.5 CS Fisheye per Canon


Ho trovato a un prezzaccio questa lente che mi prudeva da un bel pò di tempo. Ieri, colto da un raptus di shopping compulsivo, me la sono portata a casa.
E' la lente top-seller della casa koreana: completamente manuale (poco male per un Fisheye), sia fuoco che diaframma. La nitidezza è ottima e il basso prezzo non è assolutamente indice di scarsa qualità, anzi.
Il tipo di lente è molto specialistica perché l'effetto, alla lunga, può stancare, ma era da molto tempo che mi arrovellavo il cervello davanti il "Compralo con un click" di Amazon, quando ieri, nel mio negozio preferito di Trieste (Attulafoto...credo si sia capito ormai ;) ) ho trovato questo usato garantito ad un prezzo tale che sarebbe stato un sacrilegio non portarsi la lente a casa.
Di recensioni ne trovate quante volete in rete (tipo qui ) quindi non starò a tediarvi.
Nei prossimi giorni conto di sfruttarla un pò sul campo. Nel frattempo ecco uno scatto di ieri sera, fresco fresco, fatto al Triskell a Trieste.
Il Triskell è una "fiera celtica" annuale che inizia il giorno del solstizio d'estate e si protrae per una decina di giorni. Ogni anno ospita bancarelle a tema (e non) e gruppi internazionali di musica celtica o rock nordico.
Ieri sera ci sono andato con le migliori intenzioni di fare qualche scatto, ma c'era troppa...troppissima gente. Alla fine mi sono detto: "Andiamocene!".
Sulla strada del ritorno ho visto quella ringhiera aperta proprio dietro al palco: Osiamo? Proviamo?
Timidamente ho iniziato a salire la scala, uno scatto, un gradino, uno scatto e alla fine, da dietro il palco ho portato a casa questo scatto che mi ha ripagato della serata.
E' già la seconda volta in due giorni che la giornata mi regala lo scatto giusto proprio verso la fine, quando le speranze sono erano svanite. Della serie: mai disperare.



Workshop con Mosè Franchi


Ieri, per me, è stata una giornata intera all'insegna della fotografia. Di mattina lettura portfolio con il simpaticissimo Mosè Franchi, giunto a Trieste su invito dell'ottimo (non finirò mai di ripeterlo) negozio Attualfoto di Trieste in qualità di giurato per il lavoro svolto all'Isola della Cona (vedi : il mio portfolio nel post di maggio) che non mi ha visto vincitore ma comunque soddisfatto del mio lavoro e del giudizio ricevuto.
Questa mattina, invece, era dedicata a un workshop di fotografia di strada per le calle di Muggia. Tema della mattina: "le persone di Muggia (ovvero "i Mujesani").
Incontro ore 9.00 in piazzetta. Pausa colazione in clima di totale relax. Giornata stupenda, sole e caldo ma non afoso. Giornata ideale per sfoggiare la mia maglietta nuova di zecca:


Verso le 9.30 l'ordalia di fotografi si riversa per le stradine della cittadina di mare pronta per il zoosafari umanistico. In seguito un mujesano doc affermerà: "Diop*****, ma dove semo? A Cinecittà?".

A Muggia si respira un clima veneziano e tutto richiama la Serenissima: il leone di San Marco in piazza del municipio, le calette strette sulle quali si affacciano le case a due o più piani. Non a caso i Triestini (ma non solo) chiamano "Muja" la piccola Venezia.
Il tema da svolgere non è difficile perché questo piccolo paese è una fucina inesauribile di personaggi degni di essere immortalati anche se lo scopo principale prefissatomi era quello di osservare il metodo di Franchi più che rincorrere lo scatto della giornata. Infatti questo dovrebbe essere lo scopo di un workshop: osservare e imparare e una cosa che oggi ho sicuramente imparato è che per una grande foto ci vuole, da un lato un pò di faccia tosta e di spigliatezza, dall'altro la necessità di stabilire un rapporto diretto con il referente (o Spectrum come lo definisce Barthes).
E' stato uno spasso propedeutico seguire Mosè nelle sue "scorribande" mentre entrava nei negozietti a trattare con i "padroni di bottega" per uno scatto di stampo humanist.
E il metodo paga, perché i nostri scatti (noi, nel senso di "noi allievi") hanno avuto vita di riflesso grazie all'intraprendenza di Mosè che riusciva a vedere le opportunità di foto e convinceva i soggetti a posare per lui, come dei modelli, in cambio solo di quattro chiacchiere e un sorriso.
Splendida giornata. Grazie Mosè. Torna a trovarci!